È denso vorticare questa notte
Notte cruda scannata sul rumore
Lucida e tagliente di parole
Sguainate come lame dagli abissi
Del livore. Voragine e crepaccio
Dove s'increspa l'ombra del dolore
Precipita la ghiaia dei giudizi
È notte sul frullato di banane
Dolce plasma rugiada di potassio
Medicinale candido e soave
Che spegne la mia sete artificiale
Ambrosia della palma e della luna
Sorriso della polpa e della buccia
Che ogni pegno ed ogni scaramucci a
M'aiuta a sopportare. E pietraie
Dove Odio raduna le sue mandrie
E serate dissolte ad aspettare
Che la cura agisse sul mio male
Notte scura sovrana dei miei lupi
Squillo d'acqua filtrata dai dirupi
Risucchio spadaccino della vena
Artiglio voluttuoso della Belva
Che il gioco e la candela mi nasconde
Dentro i gorghi vermigli dell'amore
Cui m'avvito Derviscio danzatore
Lacci neri sul braccio della
notte
Vibrisse prolungate sulla morte
Morte dell'aria morte del mio karma
Descritto tra le righe del pigiama
Pellegrino che irrompe nel mio dramma
Quando spillo di stella sullo schermo
Di tenebra m'accascio e stingo via
(Ma insolente nel ciclo
circadiano
Rimango rifugiato come tigre
Di peluche nel parco inanimato)
Narici della notte come grotte
Sul volto scheletrito della morte
Morte del soffio morte dell'occaso
Travaso pettorale del monsone
Che vischioso s'espande nel mio fato
Quando nera pupilla di ciclone
Venticello mi sfiato e sbuffo via
(Ma imboscato nel nido del
malato
Rimango accovonato come l'ago
Del pagliaio perduto e mai trovato)
Spiga su spiga sangue verso
sangue
La triste mietitura della carne
Che lotta senza posa per restare
Reclama le sue rughe centenarie
Sorrisi sganasciati nel bicchiere
Artrosi cataratte e asciutte vene
E se proprio deve andare pretende
Per se stessa l'eterno capezzale
Allora non è morte che ho sfiorato
A quest'ora sfocata della notte
Ma nevose montagne dello Sherpa
Che passo dopo passo ho superato
Fedele scalatore del mio inganno
[Gabriele
Pepe] |