Apresso esta parola voltò 'l viso e la gola, e fecemi sembianza che sanza dimoranza volesse visitare e li fiumi e lo mare. E, sanza dir fallenza, ben ha grande potenza, ché, s'io vo' dir lo vero, lo suo alto mistero è una maraviglia: ché 'n un'ora compiglia e cielo e terra e mare compiendo suo affare, ché 'n così poco stando al suo breve comando io vidi apertamente, come fosse presente, i fiumi principali, che son quattro, li quali, secondo il mio aviso, movon di Paradiso, ciò son Tigre e Fisòn, Eofrade e Gïòn. L'un se ne passa a destra e l'altro ver' sinestra, lo terzo corre in zae e 'l quarto va di lae: sì ch'Eufrade passa ver' Babillona cassa i·Mesopotanìa, e mena tuttavia le pietre preziose e gemme dignitose di troppo gran valore per forza e per colore. Gïòn va in Etïopia, e per la grande copia d'acqua che 'n esso abonda, bagna de la sua onda tutta terra d'Egitto e l'amolla a diritto una fiata l'anno e ristora lo danno che lo 'Gitto sostene, che mai pioggia non viene: così serva su' filo ed è chiamato Nilo; d'un su' ramo si dice ched ha nome Calice. Tigre tien altra via, chè corre per Soria sì smisuratamente che non è om vivente che dica che vedesse cosa che sì corresse. Fisòn va più lontano, ed è da noi sì strano che, quando ne ragiono, io non trovo nessuno che l'abbia navicato, né 'n quelle parti andato. E in poca dimora provide per misura le parti del Levante, lì dove sono tante gemme di gran vertute e di molte salute; e sono in quello giro balsime ed ambra e tiro e lo pepe e lo legno aloè, ch'è sì degno, e spigo e cardamomo, gengiov' e cennamomo e altre molte spezie, che ciascuna in sua spezie è migliore e più fina e sana in medicina. Apresso in questo poco mise in asetto loco le tigre e li grifoni e leofanti e leoni, cammelli e drugomene e badalischi e gene e pantere e castoro, le formiche dell'oro e tanti altri animali ch'io non posso dir quali, che son sì divisati e sì dissomigliati di corpo e di fazzone, di sì fera ragîone e di sì strana taglia ch'io non credo, san' faglia, ch'alcuno omo vivente potesse veramente per lingua o per scritture recittar le figure de le bestie ed uccelli, tanto son, laidi e belli. Poi vidi immantenente la regina piagente che stendëa la mano verso 'l mare Ucïano, quel che cinge la terra e che la cerchia e serra, e ha una natura ch'è a veder ben dura, ch'un'ora cresce molto e fa grande timolto, poi torna in dibassanza; così fa per usanza: or prende terra, or lassa, or monta, or dibassa; e la gente per motto dicon c'ha nome fiotto. E io, ponendo mente là oltre nel ponente apresso questo mare, vidi diritto stare gran colonne, le quale vi pose per segnale Ercolès lo potente, per mostrare a la gente che loco sia finata la terra e terminata: ch'egli per forte guerra avea vinta la terra per tutto l'uccidente, e non trova più gente. Ma doppo la Sua morte sì son gente raccorte e sono oltre passati, sì che sono abitati di là, in bel paese e ricco per le spese. Di questo mar ch'i' dico vidi per uso antico nella perfonda Spagna partire una rigagna di questo nostro mare, che cerehia, ciò mi pare, quasi lo mondo tutto, sì che per suo condotto ben pò chi sa dell'arte navicar tutte parte, e gire in quella guisa di Spagna infin a Pisa e 'n Grecia ed in Toscana e 'n terra ciciliana e nel Levante dritto e in terra d'Igitto. Ver' è che 'n orïente lo mar volta presente ver' lo settantrïone per una regïone dove lo mar non piglia terra che sette miglia; poi torna in ampiezza, e poi in tale stremezza ch'io non credo che passi che cinquecento passi. Da questo mar si parte lo mar che non comparte, là 'v'e la regïone di Vinegia e d'Ancone: così ogn'altro mare che per la terra pare di traverso e d'intorno, si move e fa ritorno in questo mar pisano ov'è 'l mare Occïano. E io che mi sforzava di ciò che io mirava saver lo certo stato, tanto andai d'ogne lato ch'io vidi apertamente, davanti al mio vidente, di ciascuno animale e lo bene e lo male e la lor condizione e la 'ngenerazione e lo lor nascimento e lo cominciamento e tutta loro usanza, la vista e la sembianza. Ond'io aggio talento nello mio parlamento ritrare ciò ch'io vidi. Non dico ch'io m'afidi di contarlo pe·rima dal piè fin a la cima, ma 'n bel volgare e puro, tal che non sia oscuro, vi dicerò per prosa quasi tutta la cosa qua 'nanti da la fine, perché paia più fine. [Brunetto Latini] |
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